Chikalata 37 – estate 2011

La CHIKALATA 37 dell’estate 2011 in formato Pdf

L’anno 2011 resterà nella storia mondiale come lo sono le pietre miliari sulle strade. Un anno fatto di tante paure, l’anno dello tsunami, l’anno dell’invasione degli extracomunitari… ma soprattutto l’anno dell’Africa e della sua gente. Il 2011, anno primo di una nuova era per ‘Africa. Così viene vissuta a sud del mondo questa stagione che chiede assieme al pane un riconoscimento importante della dignità di ogni persona e della libertà, che ne è il primo segnale. L’Africa dei villaggi, l’Africa delle grandi piantagioni e delle miniere domanda di diventare responsabile della propria storia e del proprio domani.
L’Adozione a Distanza dei Missionari Monfortani del Malawi vuole essere nel cuore del continente africano un segnale in questa direzione. E’ iniziata venti anni fa, come risposta ad un’emergenza, era stato un vero tsunami umano che si era abbattuto sul continente come un’onda che aveva raggiunto anche i villaggi più sperduti nella savana. Come detriti alla deriva per il numero infinito di papà e mamme portate via all’AIDS, erano rimasti i milioni di orfani, bambini e bambine senza un domani. L’Adozione a Distanza fu una delle tante iniziative caritative per dare aiuto nell’immediato; oggi possiamo dire che è ancora la risposta migliore per salvare i bambini orfani.
Queste le pietre miliari della nostra avventura che convincono davvero del suo valore:

Nel rispetto della cultura Africana

Quando i genitori, portati via dalla malattia ci affidano i loro figli, quando con l’ultimo sospiro ci dicono con tutta l’anima: “Li affido a te perché tu li possa far crescere, con quell’amore che non siamo riusciti a dare loro..”, li prendiamo veramente nella nostra famiglia. Non li esportiamo e non creiamo un mondo artificiale in cui farli crescere, ma cerchiamo uno spazio all’interno del villaggio perché continuino a vivere a casa loro.
L’Adozione a Distanza affida gli orfani a uno dei parenti più vicini che gli garantisce la crescita come ad un figlio, all’interno della sua propria cultura. Avrà una capanna dove rifugiarsi e un bosco dove andare a rac­cogliere la legna, una scuola dove imparare e una chiesa per il giorno della preghiera. Assieme ai suoi com­pagni continuerà a giocare fino al giorno dell’iniziazione quando diventerà grande e gli verranno insegnate le tradizioni degli antenati e il significato di essere una persona. Imparerà la responsabilità di cercare sempre il bene di tutta la grande famiglia africana e saprà condividere assieme al cibo, anche la gioia della danza e il pianto della povertà quando la siccità brucia il raccolto e fa morire le mandrie nei pascoli.
L’orfano adottato a distanza resterà tale solo per un dato anagrafico e finirà per dimenticare di esserlo. Questo abbiamo imparato nei lunghi anni in cui ci siamo scontrati con questa situazione distruttiva che ha trovato riparo all’interno di casa vostra.

Nel rispetto della persona

Il Malawi conta oggi molto più di un milione di orfani. Paragonati ai 15 milioni di abitanti sono un’enormità: in proporzione è come se in Italia ci fossero quattro milioni di orfani.
A rischio è Io stesso tessuto sociale del paese che nell’appartenenza e nella partecipazione ha la sua espres­sione più preziosa. Il ragazzo adottato e la bambina che vediamo nella fotografia che riceviamo rappresen­tano sempre un insieme di tre, quattro o più fratelli e sorelle che si trovano a condividere la solitudine di trovarsi da soli ad affrontare la vita. Il loro numero è sempre troppo grande perché possano essere accettati da un parente a far parte di una nuova famiglia. Il rischio è di diventare orfano oltre che dei genitori anche dei propri fratelli, di ritrovarsi ad essere sradicati totalmente fino a perdere il ricordo delle proprie origini. L’Adozione a Distanza si è preoccupata di mantenere unito il nucleo familiare. Oltre all’aiuto concreto che permette di sfamare e rivestire, mandare a scuola e insegnare un mestiere, questa iniziativa ha salvato l’unità familiare, importantissima per la crescita affettiva che porta alla piena maturità della persona.

Nello sviluppo di tutto un paese

Gli anni dell’adozione a distanza si sono andati estendendo fino a raggiungere e oltrepassare i dodici anni che sono dedicati all’educazione scolastica. Imparare, frequentare la scuola, sia pure nei limiti di un’edu­cazione povera di mezzi è la motivazione principale di questo prolungarsi nel tempo. Il ragazzo che cresce, la ragazza che arriva fino alla soglia del matrimonio ha la possibilità di apprendere anche un mestiere che garantisca un’autonomia essenziale alla vita.
Anche all’interno del villaggio africano è importante raggiungere un’autosufficienza che sconfigga la dipen­denza che nella miseria diventa totale e rende quasi schiava la persona di fronte al bisogno anche minimo di un sacco di farina o un po’ di sapone. Imparare l’uso corretto dei soldi ricevuti e la condivisione con i fratelli orfani aiuta a vincere fin dall’inizio la pigrizia che potrebbe risultare dal ricevere tutto gratis. Un rischio non indifferente perché potrebbe anche creare delle categorie di persone che si abituano a ricevere senza impa­rare a donare. In un paese povero e dall’economia incerta, i soldi possono facilmente corrompere e dare un potere sproporzionato nell’ambiente sociale.
In positivo abbiamo visto nascere una abitudine importante tra gli orfani: imparare a risparmiare. Abbiamo visto tanti orfani comperare delle capre da allevare o acquistare in città un sacco di sale da rivendere poi a manciate al villaggio. Abbiamo visto tutto un mercatino fiorire all’ombra dell’adozione, fatto da frittelle cotte nella notte per essere rivendute al mattino all’entrata del mercato, scampoli di stoffa trasformati in vestiti per i giorni di festa, pesci affumicati comperati al lago e poi trasportati fino al villaggio, biciclette ricevute in dono e usate come bici-taxi dai ragazzi più robusti, campi presi a prestito per coltivarci il cotone da rivendere al mercato.

La retta mensile data al bambino adottato finisce così per trasformare dall’interno la stessa vita del villaggio dove per mesi interi mancano anche gli spiccioli per comperare la paraffina o anche solo una candela per avere un po’ di luce la notte, o una pastiglia che possa controllare le febbri malariche prime responsabili dell’indebolimento progressivo e di tanti decessi soprattutto tra i bambini. Mentre i grandi progetti fatti dai governi o dalle agenzie internazionali di sviluppo si arenano spesso nelle città, la distribuzione capillare del­l’adozione aiuta le famiglie e diventa un primo sostegno per un commercio che dà impiego a tanta gente.

All’inizio è un mestiere informale che nel tempo diventa una sorgente per una trasformazione che può ispi­rare tante persone a superare la povertà che ancora caratterizza tanti paesi dell’Africa.
L’adozione riesce così a sconfiggere dall’interno l’esperienza di non avere dei genitori, la mancanza del senso di appartenenza, della motivazione e della responsabilità, come pure la povertà di un’intera nazione.

Sono questi i punti forza di un’avventura che vogliamo ripresentare ancora oggi, nell’anno 2011, quando ripetiamo ancora come all’inizio: 

“Apri la tua porta, prendi in casa tua un bambino orfano e aiuterai a cambiare il mondo”.

IL GRUPPO DI CLUSONE (BERGAMO)

Da sempre la missione è un impegno di tutta la chie­sa. I gruppi missionari delle parrocchie spesso sono stati i primi a farsi presenti nei continenti di Africa, Asia e America Latina a sostegno dei missionari. Gli ultimi trent’anni hanno visto i laici partire a centi­naia, come volontari impegnati in altrettanti progetti e iniziative portate avanti assieme alla gente dei vil­laggi e delle città più remote. L’impegno di aiuto alla missione è all’origine delle Adozioni a Distanza del Gruppo Clusone: un paese che ha visto fiorire una miriade di iniziative legate in particolare al Malawi che all’inizio degli anni novanta aveva visto la fine della dittatura, il ritorno alla democrazia e anche una più grande apertura alla cooperazione.
Mentre i volontari portavano in Malawi esperienza di lavoro specializzato e tanto entusiasmo, a casa riportavano quanto avevano visto. Nei loro racconti c’era l’Africa della savana con la sua bellezza e la sua povertà, la gioia del­la festa e il pianto dei più poveri. Parlavano poi di genitori africani che portati via dall’AIDS avevano lasciato alla deriva un milione di orfani, bambini e bambine che rischiavano l’emarginazione e la stessa sopravvivenza. Tante famiglie, desiderose di collaborare e dare il loro aiuto a questa emergenza, avevano aderito immediatamente al­l’iniziativa dell’Adozione, I nomi e le fotografie dei bambini orfani venivano affidati a famiglie che si impegnavano ad accompagnarli nella loro crescita e nei tanti anni dell’educazione scolastica.

A promuovere questa iniziativa a Clusone era stata la famiglia dei volontari Gaetano e Antonietta Bertoletti che in Malawi erano presenti da anni.

Con la Mayi Jeremia, la prima incaricata di questo progetto, andavano di villaggio in villaggio a incontrare personalmente i bambini orfani per conoscere la loro storia per poi raccontarla al loro ritorno. Passavano di casa in casa a ripetere che era importante che gli orfani non diventassero ragazzi di strada e trovassero qualcuno che li prendesse in casa. Gae e Anto, come sono chiamati in Malawi, si dividevano l’impegno di seguire grandi progetti di costruzioni come la chiesa della missione di Balaka, il grande centro della Montfort Media e la scuola di cucito ed economia domestica per ragazze e mamme, con questa nuova iniziativa.

Anno dopo anno, la lista delle adozioni legata a Clusone è andata crescendo fino a circa cinque cento bambini che hanno trovato una famiglia e un sostegno in tanti angoli dell’Italia e della Svizzera, raggiunti dalla comunicazione che internet ha permesso.

L’aiuto informatico del fedelissimo Bernardino, che ha creato il sito https://www.adozioni-malawi.org ha allargato a macchia d’olio la cerchia di chi voleva condividere questa iniziativa.
La presenza costante in Malawi di Gaetano e Antonietta assicura il dialogo con le famiglie dell’adozione che è spesso un racconto fatto a voce, a ricordare un figlio lontano e bambini adottati che è stato possibile vederli diventare grandi, proprio come i nostri figli.
L’impegno di segreteria di Sara, sempre molto puntua­le e piena di entusiasmo, riesce a mantenere ordine nella corrispondenza a volte difficile tra i villaggi del­l’Africa e le famiglie dell’Adozione e garantisce continuità a questo miracolo quotidiano. Tra gli adottati del Gruppo Clusone c’è chi ha raggiunto l’università e una preparazione tecnica capace di renderli auto­nomi nella vita Zikomo Kwambiri e il Grazie della missione a tutto il Gruppo Clusone che con il passare, degli anni ha dato prova dì grande generosità anche in momenti difficili.

Anto e Gae, volontari e sostenitori dell’Adozione a Distanza del Gruppo Clusone.

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