Gaetano Bertoletti e il “Mal d’Africa”
In Malawi da oltre un decennio
di Gaetano Bertoletti
Welcome Chaoni: la scritta, su un gabbiotto alla fine del sentiero, ci accoglie festante. Il “mal d’Africa” ha colpito ancora. E da un po’ che io ritorno su quest’altopiano, nel sud del Malawi, e alle sue montagne che a gruppi sparsi si elevano qua e là, costellate dai caratteristici alberi ad ombrello della savana e da una ricca vegetazione.
Salire sul Chaoni non è una passeggiata ma sono due ore di sentiero ripido e sassoso in mezzo ad una folta foresta: quassù i mezzi motorizzati non trovano accoglienza. Questo è un posto privilegiato. Ci sono delle sorgenti, siamo a 1800 m. sul mare, da cui sgorga un’acqua veramente “umile, preziosa e casta”, per dirla con San Francesco, anche durante gli otto/nove mesi di siccità e qui circa 10.000 persone, distribuite in numerosi villaggi, hanno trovato il loro paradiso fatto di natura e tranquillità, ma privo di tutto, in un’epoca in cui tutti vogliono tutto.
Un giorno un capo villaggio ha riunito sotto l’ombrello del grande albero il suo popolo. L’ombra del grande albero è la sala consiliare di questa gente e il grande albero è il testimone di eventi importanti o di piccole beghe che il capo, dopo aver ascoltato chiunque abbia qualcosa da dire, compreso “lo sciocco del villaggio”, decide o risolve: il suo verdetto è inappellabile. Il titolo di capo di solito è ereditario e riconosciuto a chi si distingue per onestà ed è pari agli altri nella povertà.
Quel giorno sotto il grande albero il capo villaggio aveva un’eccezionale proposta da fare ai suoi, di fede musulmana. Egli aveva notato che il padre cattolico che girava da quelle parti, offriva indistintamente il suo aiuto a chiunque, cristiano o non. La proposta al popolo era quella di rivolgersi, da musulmani, ad un cristiano e di chiedere il suo aiuto. Un azzardo certo, ma cosi incomincia l’avventura del Monte Chaoni. Quel padre era Pier Giorgio Gamba, missionario monfortano. Per suo tramite anch’io sono stato coinvolto e con me molti clusonesi.
Si comincia con una chiesetta e una casupola per il catechista, poi si passa subito ai bisogni vitali di questa comunità. La prima opera importante è la costruzione di un mulino con generatore di corrente a motore diesel. Solitamente erano le donne e le bambine che si massacravano di fatica per pestare il mais bianco, alimento base di questa gente. Coltivano anche fagioli, patate, zucche e cetrioli. Allevano capre, non per mangiarle, magari, bensì per venderle ed acquistare altri prodotti.
Ora le donne non pestano più il mais; vanno al mulino ma continuano a massacrarsi di fatica portando per ore bidoncini di gasolio sulla testa per il generatore, oppure caricandosi in testa canestri di viveri o fascine di legna, mentre gli uomini le scortano, serafici, lungo il sentiero che sale sul Chaoni. Li abbiamo incontrati anche quest’anno sul percorso. Gli uomini ci hanno fatto gran festa, mentre le donne continuavano la loro fatica.
Dopo il mulino è arrivato l’asilo, per assicurare un pasto al giorno ai moltissimi bambini e prepararli per la scuola. Un evento eccezionale ha accompagnato questa costruzione. Proprio la notte precedente l’inaugurazione una tremenda tromba d’aria ne ha scoperchiato il tetto. Ma qui è proibito perdersi d’animo; l’asilo è troppo importante e deve funzionare al più presto. Le lamiere disperse dal vento vengono recuperate, raddrizzate e rimesse alloro posto. L’asilo apre. Sono tanti i bambini che incontriamo, allegri e sorridenti con la bocca e con gli occhi. I loro nonni e i loro genitori sorridono meno e quando lo fanno negli occhi leggi ancora una malinconia e una tristezza ataviche, perché la vita qui continui ad essere dura. Nondimeno è un popolo allegro e sereno.
E’ arrivata poi una libreria, con testi e giornali periodici, ma soprattutto con molti opuscoli riccamente illustrati, per bambini, ma anche per i loro genitori che non sanno leggere, dai temi più vari di educazione, come l’igiene, la cura del bambino e la formazione umana e religiosa.
Mentre percorriamo il Chaoni, Mario, un amico che mi accompagna in questo viaggio insieme a mio cugino Eugenio, si innamora di questi luoghi e di questo popolo ammirando quanto è stato realizzato con l’aiuto di tante persone. Siamo a marzo; con febbraio, il mese più difficile nei villaggi, fra poco saranno mature le nuove coltivazioni e la vita migliorerà. Da tre mesi è in funzione la nuova scuola. È la partenza col piede giusto, perché è pensando alle nuove generazioni che si può Costruire un futuro migliore. Lo dice il capo villaggio, orgoglioso della nuova istituzione: “La montagna sta diventando una città, aiutateci ad aiutare”. È il suo slogan. Poi ci viene fatto notare che ci sono le lavagne e il gesso ma mancano i cancellini. Tutto il mondo è paese!
Il terreno per le iniziative è stato donato dai villaggi, con il consenso dei capi che ora ci ricevono con onore e grandi feste dovunque andiamo. Tutti i materiali per le infrastrutture, tranne i mattoni che sono prodotti sul posto, sono il frutto di donazioni. L’impegno, anche da parte mia, è stato trovare finanziatori e persone tecnicamente preparate per seguire i vari progetti. A Clusone ne ho trovate tante. I progetti e le iniziative continuano. I bisogni sono sempre tanti, e l’aiuto della Provvidenza non conosce limiti. Ancora oggi il tetto in lamiera della prima chiesetta, nella notte, riflette la luce della luna piena sull’altopiano: è uno spettacolo che ricorda l’inizio della missione. Senza una chiesa era impossibile presentarsi al mondo islamico ed è stata la testimonianza di fede e il magnifico altruismo dei missionari, che si sono guadagnati la fiducia dei capi villaggio. L’avventura continua: ripercorrendo le due ore di sentiero per scendere dal monte Chaoni, il mal d’Africa aveva già contagiato anche Mario. Qui voglio tornarci. E’ stato bello!