TAMTAM DI SAN VALENTINO

Dal Malawi ci scrive padre Piergiorgio Gamba

14 Febbraio 2020
 
Una bella festa molto conosciuta anche in Malawi la ricorrenza di San Valentino, una festa capace di riportare una normalità di vita in questo mese di Febbraio molto discusso. 
Festa di San Valentino in Malawi
Iniziato il 3 Febbraio con il famoso “Judgement Day” quando la Corte Costituzionale ha cancellato le elezioni presidenziali del 21 Maggio, 2019; ha deciso per i 150 giorni di preparazione alle nuove elezioni; ha richiamato in parlamento la forza del “potere legislativo” per definire il senso di “maggioranza – con il risultato del 50+1 dei votanti” lasciando la possibilità di appello alla Corte Suprema, mentre riportava le cariche di stato a prima del voto, riconfermando alla Vice  Presidenza Claus Chilima – che alle elezioni era giunto terzo.
 
Una decisione che non tanti si aspettavano e già l’opposizione preparava nuove ondate di manifestazioni di piazza. Ci si aspettava un allineamento dei giudici con la presidenza del paese, ma davanti alla “quantità e qualità di imbrogli” i giudici hanno scelto la cancellazione delle elezioni. Prima del loro responso era stato più volte ripetuto il messaggio al paese da parte dei leaders religiosi in particolare, di accettare interamente quanto la corte avrebbe scelto.
 
La cancellazione delle elezioni è stata accolta con un senso di soddisfazione in particolare perché la decisione aveva cancellato tutta la paura di violenze e reazioni e ridato fiato a un paese preso nella morsa della fame in questo mese di attesa dell’inizio del raccolto. Oltre ad essere la voce del sistema giudiziario il responso della corte è stato la voce della gente. Dopo gli anni infiniti del dominio coloniale e i 30 anni di dittatura, da 25 anni il Malawi vive la sua stagione migliore di democrazia mai vissuta prima. Ha imparato il valore del voto politico, l’unica ricchezza che la gente sente di avere in mano. È una democrazia fragile e sofferta sotto l’oppressione della corruzione di stato e per questo il voto è ancora più importante. Sentirsi derubati anche di questa scintilla di democrazia era stato il segnale che aveva portato in piazza tanta gente come non si era mai vista in una dimostrazione di protesta. 

L’ORA DELLE CORTI GIUDIZIARIE
L’attuale presidente Peter Mutharika e la Commissione Elettorale hanno fatto appello contro il giudizio della Corte Costituzionale che mercoledì ha riconfermato la cancellazione dell’appello. 
Lo stesso comitato parlamentare Public Appointments Committee (PAC) ha ascoltato tutti i membri della Commissione Elettorale guidata da Jane Ansa   e da lunghissime ‘interviste’ trasmesse in diretta da radio e televisione sono  emerse tante contraddizioni che hanno confermato la scelta corretta fatta dalla Corte Costituzionale. La commissione elettorale si è mostrata incapace di salvaguardare la correttezza dei risultati scadendo addirittura all’uso del Tippex dal nome della marca della scolorina apparsa in tantissimi resoconti delle elezioni.
La conclusione è stato il rinnovato rifiuto della sospensione dell’esecuzione del giudizio perché – hanno detto i giudici – “non abbiamo il lusso di una perdita di tempo e il nostro giudizio è in merito al bene comune e non di pochi privati”. Così l’applicazione da parte del presidente e della commissione elettorale è stata “ dismissed entirely”.
 
Resta ancora vagante una richiesta di sospensione del giudizio fatta alla Suprema Corte d’Appello sempre dal presidente e dalla Commissione Elettorale (un giudizio che può essere presentato a un singolo giudice o tutti i nove giudici della Suprema Corte d’Appello) … 
ma un ripensamento sembra improbabile ora che il sistema giudiziario si è guadagnata la stima della gente che per una volta si sente difesa dalle ingerenze di stato.
 
Guidate dalla Human Rights  Defenders Commission – la forza di coesione di tutte le manifestazioni di piazza di quest’ultimo anno in Malawi – anche nella piccola cittadina di Balaka oggi 13 Febbraio, ci sono state le prime manifestazioni a difesa del giudizio raggiunto e la promessa di nuove elezioni in 150 giorni a partire dal 3 Febbraio. Elezioni costose visto che le hanno calcolate a oltre 50 milioni di dollari. Nelle città di Lilongwe Blantyre le manifestazioni sono giunte fino ai cancelli delle sedi della Commissione Elettorale e li hanno chiusi con tanti catenacci e lucchetti. La prossima manifestazione arriverà fino alla sede della radio e TV di stato la Malawi Broadcastic Corporation famosa da sempre per essere la “Voce del Padrone” e da sempre usata per castigare in modo pesantissimo e di parte tutto quanto fosse al di fuori del partito di governo.
Il messaggio ormai è “L’ora è giunta per fare i conti con chi vuole distruggere la democrazia”.
In Africa dove troppe elezioni hanno sempre il risultato scontato a favore del dittatore di turno “il sistema giudiziario del Malawi ha alzato l’asta della costituzionalità e dell’integrità per tutto il continente Africano”. E non è poco per un paese preso nella morsa della fame, ma capace di resistere alla tentazione della violenza e saper aspettare. 

Un bel riassunto come sempre di Paolo Alfieri che conosce il Malawi in prima persona. 

Malawi. Troppa scolorina sulle schede elettorali. I giudici: «Presidenziali da rifare»

Paolo M. Alfieri, giovedì 13 febbraio 2020 

Annullate le elezioni del maggio scorso che avevano visto la vittoria del leader uscente Mutharika.
La Corte costituzionale: «Prove di risultati alterati»
 
Una famiglia si sposta in bicicletta nella zona di Blantyre, in Malawi,
uno tra i paesi più poveri al mondo – Ansa

Troppa “scolorina” sulle schede elettorali, sbianchettate per essere poi corrette col nome del candidato presidente “corretto”. In Malawi, Paese dell’Africa australe tra i più poveri al mondo, le elezioni presidenziali sono da rifare. A sancirlo è stata la Corte costituzionale del Paese, che ha accusato la Commissione elettorale di cattiva gestione del voto e detto no ad un ricorso presentato dal presidente Peter Mutharika, che si opponeva alla ripetizione delle elezioni. Tra le altre cose, i magistrati hanno anche respinto l’argomentazione della Commissione elettorale secondo cui un’altra elezione sarebbe costosa per il Paese. “La democrazia è costosa. I diritti dei cittadini sono di primaria importanza. Il tribunale non fermerà il perseguimento di elezioni costituzionalmente valide a causa dei costi”, ha affermato il giudice Dingiswayo Madise.

Già la settimana scorsa la Corte costituzionale aveva annullato la validità delle elezioni presidenziali tenutesi lo scorso maggio citando irregolarità diffuse, tra cui appunto l’uso “massiccio” di liquido correttivo sui fogli di conteggio. Sia Mutharika, al potere dal 2014, che la Commissione elettorale avevano chiesto la sospensione del provvedimento. Gli alti giudici hanno invece emesso l’ordinanza di tenere nuove elezioni presidenziali entro 150 giorni dal verdetto e di avviare un’indagine sull’operato della stessa Commissione elettorale. 

La presidente della Commissione elettorale, Jane Ansah, aveva precedentemente difeso l’uso di schede dai risultati modificati con liquido correttivo. Davanti a una commissione parlamentare speciale, Ansah ha dichiarato che i risultati sui fogli di conteggio non sono stati modificati ma corretti con un fluido e “non ci sono prove per dimostrare che sia stato usato per favorire un candidato”, ha aggiunto. La Corte costituzionale ha anche riscontrato che meno di un terzo dei risultati degli oltre 5mila seggi elettorali erano stati certificati dai revisori quando Ansah aveva dichiarato Mutharika vincitore della corsa presidenziale. Un’altra componente della Commissione elettorale, Mary Nkosi, ha ammesso che l’organismo ha gestito male le elezioni, affermando che la presidente Ansah ha autorizzato fogli dai risultati alterati. 

Contadini al lavoro nel sud del Malawi:
l’85% della popolazione pratica un’agricoltura di sussistenza – Ansa

È la prima volta che in Malawi si annulla un’elezione presidenziale per motivi legali dall’indipendenza del Paese dalla Gran Bretagna nel 1964 e si tratta del secondo voto annullato in Africa, dopo quello presidenziale del Kenya nel 2017. Dagli anni Settanta fino al 1994, anno delle prime elezioni libere, il Malawi è stato governato dal regime di Hastings Kumuzu Banda. Nel 2012, alla morte dell’autocrate Bingu wa Mutharika (fratello dell’attuale presidente uscente), era salita al potere la sua vice, Joyce Banda, che aveva in parte ripristinato i legami internazionali sia con l’Occidente sia con la Cina. Banda, prima donna a diventare capo di Stato in un Paese dell’Africa meridionale, era stata poi battuta da Peter Mutharika nel voto del 2014.

Circa tre quarti della popolazione del Malawi vive oggi con poco più di un dollaro al giorno, mentre l’aspettativa di vita è di circa 55 anni. Le esportazioni riguardano tabacco, tè e zucchero, mentre l’industria locale è quasi inesistente: si stima che l’85 per cento dei 14 milioni di abitanti viva nelle zone rurali, praticando un’agricoltura di sussistenza. La Chiesa locale è da sempre molto attiva nella promozione dei diritti, della democrazia e delle comunicazioni sociali (molto forte in questo senso la presenza dei missionari monfortani nella zona di Balaka). “Viviamo in una vera democrazia o in un sistema che permette a poche persone di esercitare il potere e di godere delle ricchezze del Paese a spese della stragrande maggioranza?”, avevano scritto in una lettera pastorale i vescovi locali nel 2018, a 25 anni dalla reintroduzione del multipartitismo. 

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